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10/03/2022
Quali clausole inserire nell'accordo web agency - sito di commercio elettronico?
In questo articolo vediamo le principali clausole legali per ottenere un accordo equilibrato e che tuteli entrambi le parti.
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In ambito digitale è molto importante che web agency e merchant definiscano nel contratto cosa sono i “vizi o difetti dell’opera” e cosa debba intendersi per “inadempimento contrattuale”.
Il punto di partenza è definire precisamente l’oggetto del contratto. Ciò significa che il cliente deve essere il più specifico possibile nel descrivere alla web agency l’incarico affidato.
Per farlo, può utilizzare allegati, mockup, foto, progetti e tutto quanto sia utile per far comprendere al meglio alla web agency quale debba essere il risultato finale.
Sebbene vengano introdotti concetti molto spesso “tecnici”, in questa fase è in ogni caso importante avvantaggiarsi della consulenza legale di un avvocato esperto in diritto digitale, il quale avrà l’incarico di tradurre le esigenze del cliente in obblighi contrattuali legalmente vincolanti.
Qualsiasi discostamento dalla descrizione del progetto configura un inadempimento contrattuale ?
Dipende se la differenza tra l’incarico e il risultato finale è rilevante oppure no (quello che in termini giuridici si chiama “grave inadempimento”).
Visto che il concetto di “grave inadempimento” è largamente soggettivo, è utile indicare delle casistiche che, se verificate nel caso concreto, determinano automaticamente la risoluzione del contratto e attribuiscono il diritto al risarcimento del danno.
In questo ambito la casistica è molto ampia e dipende da ciò che per il cliente è importante.
In ambito di tutela dei dati personali degli utenti, si possono configurare sostanzialmente due ipotesi.
Un primo caso riguarda quella in cui la web agency completa l’opera (es., sito e-commerce), che poi va online e viene gestita direttamente dal cliente. In questo scenario, la web agency non tratta dati personali degli utenti ed è difficile configurare rischiosità lato privacy.
Un secondo caso è riguarda l'ipotesi in cui la web agency – una volta terminata l’opera – gestisca il sito o l’app del cliente (es.: effettuando attività di manutenzione della piattaforma o custodendo i dati personali degli utenti). In questo scenario, la web agency agisce come Responsabile del Trattamento ai sensi di quanto previsto dal GDPR e deve indicare, in particolare, quali misure ha adottato o intende adottare per tutelare la privacy e i dati personali degli utenti.
L’accordo tra web agency e cliente dovrà chiarire il ruolo di Responsabile del Trattamento della prima e dovrà specificatamente indicare gli obblighi lato privacy della web agency.
Anche questo ambito è molto delicato e si consiglia si affidarsi a un legale che presti assistenza legale in tema GDPR e privacy. Ricordiamo infatti che il Garante Privacy effettua controlli “a campione” sulle aziende e che le società non a norma rischiano pesanti sanzioni (fino al 4% del fatturato annuo dell’anno precedente alla sanzione oppure una sanzione massima fino a 20 milioni di euro).
La web agency opera in un settore molto delicato e nel quale vi è un concreto rischio di essere chiamati in causa per risarcire i danni subìti dal cliente.
Si pensi al caso dell’ e-commerce che subisce una sanzione dal Garante Privacy perché il sito preparato dalla sua web agency non è a norma con il GDPR.
Per quanto può essere ritenuta responsabile la web agency per i danni eventualmente subìti dal cliente?
Se il contratto non prevede niente in tal senso, non c’è un limite monetario oltre il quale la web agency non possa essere ritenuta responsabile.
Ciò significa che web agency e cliente possono decidere che la web agency non sia obbligata a risarcire il cliente oltre una determinata somma (5.000,00 euro – 50.000,00 euro – 500.000,00 euro: dipende ovviamente dalla complessità del lavoro e dell’accordo delle parti).
L’introduzione di una clausola di questo tipo non ha solo la funzione di limitare la responsabilità della web agency, ma è idonea a permettere al professionista di operare con più tranquillità, visto che in presenza di “errori” vi sarà un limite monetario oltre il quale il cliente non potrà avanzare pretese risarcitorie.
Un tema molto importante quando viene realizzato un sito e-commerce, un’App o un qualsiasi altro progetto digitale è riferito alla proprietà del lavoro svolto e chi abbia diritto esclusivo di sfruttamento economico dell’opera realizzata.
E’ ragionevole che il committente (il merchant, la startup o chiunque abbia commissionato il lavoro alla web agency) dia per scontato che una volta terminata l’opera la proprietà passi in automatico in suo favore. Altro elemento dato per scontato è che ogni sfruttamento economico passi in capo al committente una volta finito il lavoro.
Ebbene, senza addentrarci troppo in tecnicismi, non è proprio così. Per questo l’accordo tra web agency e cliente deve prevedere una clausola specifica che disciplini questo ambito.
In particolare, dovrà essere indicato che ogni diritto di sfruttamento economico del sito e-commerce, dell’App, del software, etc è in capo al cliente. Ciò soprattutto per evitare che la web agency si appropri in modo indebito di qualsiasi vantaggio economico derivante dall’opera svolta che non sia riferito al compenso dovuto dall'ecommerce.
Il contratto può essere sottoscritto in qualsiasi forma e modo idoneo a dimostrare l’accordo tra le parti (firma digitale, scambio di email o pec etc).
Prestare molta attenzione al fatto che il documento rechi la sigla delle parti e la firma in calce.
Infatti, è molto frequente che in caso di reclamo o causa legale una parte disconosca i termini dell’accordo contenuti nella pagine o nelle pagine che non recano la sua firma.
Nel rapporto tra società, per clausole vessatorie si intendono quelle clausole che, ex art. 1341 del codice civile:
stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Queste tipologie di clausole devono essere approvate tramite una firma diversa e ulteriore rispetto a quella apposta per accettare il contratto.
Sempre? Niente affatto!
L’esigenza di ottenere questa “doppia” firma vale solo se per clausole indicate nelle condizioni generali di contratto. Se invece l’accordo è costituito interamente da un accordo, vale la sigla sulle pagine e la firma in calce.
Ciò ovviamente non toglie che, seppur tecnicamente sbagliato, si possa prevedere la “doppia firma” sulle clausole vessatorie anche in presenza di un accordo.
Con “foro applicabile” si intende il Tribunale competente nell’ipotesi di controversia con il cliente. Se nel contratto non viene indicato niente, valgono le regole generali del codice di procedura civile. Pertanto, il Tribunale competente sarà quello del luogo dove ha sede la società che viene chiamata in causa.
Ciò significa che in assenza di una clausola che deroghi questo principio, se sei costretto a citare in giudizio il tuo cliente, dovrai farlo presso il Tribunale dove ha sede la società della controparte. Questo può essere costoso (oltre alle spese legali dell’avvocato di solito vi sono anche le spese del domiciliatario) o disagevole qualora questo Tribunale sia lontano dalla tua sede (es.: hai sede a Milano e devi fare causa a Palermo, o viceversa).
Questo principio vale anche se il cliente ha sede all’estero: dovrai citarlo presso il Tribunale estero dove ha sede il cliente.
Per evitare questi pregiudizi, il nostro consiglio è quello di indicare come Tribunale esclusivamente competente per qualsiasi causa derivante dall’accordo quello dove ha sede la tua società.
In questo modo, se vuoi chiamare in causa la controparte, potrai farlo “giocando in casa”, mentre se è la controparte che vuole citarti in giudizio, dovrà farlo presso il “tuo” Tribunale.
L'assistenza legale a volte può far poco in quanto conta molto la “forza” contrattuale delle parti (il cliente più forte avrà maggior probabilità di “imporre” il proprio Tribunale di competenza).
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